Per i miei 14 anni, una vita fa, decisi di imparare a ricamare, quella curiosità iniziale sarebbe poi diventata una passione poco praticata ma molto intensa. Ricamare, cucire, creare pizzo con diverse tecniche, tutto era “un’arte da mettere da parte”.
Quindi, durante uno di questi estati di noia mortale di cui ho già parlato, ho finito per imparare il macramè da una signora che abitava di fronte alla biblioteca e la chiesa di San Leonardo.
Tia Peppe, sedeva sulla porta di casa, con la luce naturale filtrata dai grandi alberi del piazzale, mi parlava esclusivamente in sardo, e con le mani rugose chiudeva nodi piccoli e precisi, con la velocità e l’abilità di chi ha fatto quel lavoro per molti anni e per tanti tanti fili.
Così ho imparato l'importanza di scegliere il filo giusto, contare i nodi e le misure, mettere uno spillo sulla camicetta per fissare il filo che porta.
“kust’est su chi annada”, mi disse “questo è quello che va avanti”.
Il filo che determina la direzione che prenderanno i nodi e quindi quale disegno emergerà.
Come molte cose nella vita, "quello che va avanti" deve essere tenuto teso, dritto e in grado di garantire un ottimo risultato finale.
Altrimenti bisogna armarsi di spillo e disfare tutto per rifare il lavoro, un processo lungo e particolarmente tedioso.
Ho anche imparato che alcune variazioni possono generare centinaia di motivi diversi, purché tu sappia dove vuoi andare con il tuo filato.
Ho anche imparato che che poche varianti possano generare centinaia di schemi diversi a condizione di sapere dove vai con il tuo filo portante. Così in questo settembre pieno di appuntamenti, corse pazze, sveglie all’alba e rientri a scuola, cerco di tenere dritto il mio filo andando avanti un nodo alla volta, perché tanto quello che va, sa dove vuole andare, e ci arriverà al momento giusto.